Alzi la mano chi non ha ancora sentito parlare o letto cose meravigliose su ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’, specialmente dopo le 16 nomination ai David di Donatello (e soprattutto le 7 statuette portate a casa). Un successo talmente conclamato da ritornare nelle sale cinematografiche da domani, 21 Aprile.
Ma perché il film è diventato un caso nazionale, acclamato da pubblico e critica? (Sì, questa è una di quelle frasi super inflazionate e probabilmente tra le più irritanti da leggere).
Il motivo è semplice: Lo chiamavano Jeeg Robot è un film nuovo per il mercato italiano, abituato al neorealismo ispirato al grande Federico Fellini (vi dice niente Paolo Sorrentino?), o alla commedia banale stile ‘Perfetti Sconosciuti’ (ma davvero ha vinto il David come miglior film?), o addirittura al trash dei cinepanettoni alla De Sica o Zalone (però io non sono una di quei radical chic arrabbiati e ammetterò: a me Checco fa ridere).
Il film narra le gesta di un signor nessuno, tal Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) che vive di piccoli furti, ingurgitando dalla mattina alla sera budino e film porno anni ’80, ma che un giorno, cadendo nel biondo Tevere, viene investito da superpoteri. Nella periferia romana di Tor Bella Monaca regna però lo Zingaro (interpretato magistralmente da Luca Marinelli), un personaggio dalle mille sfaccettature: è a capo di una gang del quartiere, appassionato cantante dei classici anni ’80, ex figurante in Buona Domenica, spietato assassino dall’anima fragile. Le due vite s’intrecciano e si scontrano, incrociando nel cammino anche una terza figura: la giovane problematica Alessia interpretata da Ilenia Pastorelli (non ci dormo la notte al pensiero che una così brava abbia partecipato al Grande Fratello), con evidenti problemi mentali tra cui un’ossessione per il cartone animato Jeeg Robot d’acciaio. Sullo sfondo delle loro vite una Roma spaventata e minacciata dal terrorismo ed un mondo influenzato e dipendente dai social network.
(Link per gustare Un’emozione da poco interpretata da Lo Zingaro)
E’ innegabile: lo chiamavano Jeeg robot è un film innovativo, fresco, a tratti geniale, un cinecomic alla Marvel in versione italiana, capace di unire il genere fantastico dei manga giapponesi a quello neorealistico dell’ambientazione in borgata.
Questo lungometraggio è un genere nuovo solo per il mercato italiano, però.
Il film punta tutto sul protagonista antieroe che, per quanto ben costruito, ben scritto, ben recitato, ha ben poco d’innovativo per il mercato internazionale.
Basti pensare al mercato cinematografico americano (e non solo, lo stesso vale per quello televisivo e alle relative serie): non è una novità che il protagonista sia un eroe insolito ed anticonvenzionale, che vive ai margini della società come un reietto, un essere spregevole da tenere alla larga e che non si sognerebbe mai (almeno inizialmente) d’usare i suoi poteri per aiutare il prossimo. Alcuni esempi? Deadpool o l’intera squadra di Suicide Squad, sono prototipi perfetti di antihero.
Però di sicuro il regista Gabriele Mainetti, classe 1976, è stato il primo in Italia a portare sul grande schermo un film del genere, proponendo un lungometraggio che mischia la provincialità nel racconto della borgata romana all’internazionalità degli effetti speciali. Quindi la chiave del successo di Lo chiamavano Jeeg Robot è tutta qui: è un film che vola alto, che non ha paura di sfidare i colossal americani, ma rimane ancorato alle sue radici italiane.
Eppure Mainetti, non è nuovo alla realizzazione di qualcosa di bello: il suo corto Basette, prodotto nel 2008, è una chicca, un vero e proprio gioiellino e avrebbe già dovuto farci intendere che il giovane regista di strada ne avrebbe fatta.
(Link per gustare il cortometraggio: Basette di Gabriele Mainetti)
Quindi evviva i ccciovani, grande festa alla Corte d’Italia: per favore andate a dire a quei quattro dinosauri delle produzioni cinematografiche che il cinema italiano non è ancora morto e sì, si può e si deve investire nelle nuove leve.
Il film deve molto a Luca Marinelli. Lo zingaro è il personaggio più azzeccato e completo, come in tutte le storie dei supereroi, dove alla fine sono i cattivi i veri protagonisti.
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Verissimo, ma in questo caso il protagonista/eroe non è messo così in ombra dal nemico perché è un personaggio completo e complicato di suo.
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si è vero, come nei classici della Marvel per intenderci alla fine tutti sono vittime di qualcosa. è reso molto bene!
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Amo lo zingaro e il film mi è piaciuto molto. Scopro che abbiamo gusti simili.
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Ottimi gusti, allora! 😊
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Ancora non ho visto il film perchè non seguo l’onda delle emozioni altrui. Aspetto.
Ti saprò dire. E ti ringrazio della doviziosa analisi 🙂
sheràbientot
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Dura da ammettere ma è proprio come dici tu. La cosa si fa seria
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