Ho un nuovo metro di giudizio per selezionare le compagnie (perché si sa, non sono mai abbastanza): se non apprezzi Gomorra la serie mi spiace, ma non possiamo essere amici.
Anzi, aggiungo che se non ti è piaciuto il finale di stagione trasmesso ieri bhé, allora dovresti starmi proprio a debita distanza.
Gomorra la Serie è un capolavoro tutto italiano di cui andare fieri, punto e basta.
Avete presente House of Cards o True Detective?
La serie prodotta da Sky Atlantic, Cattleya e Fandango non ha nulla da invidiare a queste americane perché possiede tutti gli ingredienti giusti per essere una delle migliori produzioni al mondo.
Dall’ideazione (Roberto Saviano, Leonardo Fasoli, Stefano Bises, Giovanni Bianconi, Ludovica Rampoldi); alla regia (Stefano Sollima, Francesca Comencini, Claudio Cupellini,Claudio Giovannesi); alla colonna sonora (le incursioni di canzoni neomelodiche e le musiche dei Mokadelic sono perfette); alla fotografia (Paolo Carnera, Michele D’Attanasio): Gomorra è un mix eccezionale, ha uno stile inconfondibile ed è un prodotto made in Italy che ci rende -finalmente- orgogliosi, dopo anni di Don Matteo e robaccia simile.
Ma tra tutti questi ingredienti tecnici d’eccellenza, quello che spicca di più -e probabilmente, quello che ha decretato il successo internazionale- è l’ottima riuscita dei personaggi con storie e caratteri tutt’altro che statici, interpretati da attori talentuosi. I protagonisti della serie sono perfetti antieroi (ne parlavo qui qualche tempo fa), spietati e cinici, che ci trascinano nell’abisso più nero dell’animo umano e -diciamo la verità- un po’ ci fanno pentire di fare il tifo per loro.
L’eccezionalità di Gomorra sta anche in questo: come ci si può affezionare a dei criminali incalliti? Certo, non sono gli unici antieroi delle serie tv (Frank Underwood anche non dimostra molta umanità, eh), ma in loro il lato oscuro non è nascosto dietro nessuna finta facciata: è palese e sbandierato con orgoglio, nessuno si preoccupa di mostrarsi buono e magnanimo.
Non esiste il bene in Gomorra, non v’è speranza, non c’è pietà, non ci sono eroi, non c’è umanità. Quando qualcuno dei personaggi (come Ciro ad esempio, [SPOILER ALERT] distrutto dopo l’omicidio della figlia) dimostra di avere un minimo di sentimento, immediatamente- o al massimo dopo qualche scena- torna a commettere delitti efferati (SPOILER ALERT : però Ciro, don Pietro no, eddai, noi gli volevamo bene in fondo). Lo sguardo finale di Marco D’Amore prima di premere il grilletto, un’occhiata piena d’odio, di tristezza e di rimpianti vale tutto, è un’opera d’arte assoluta che conferma la bravura (come se ce ne fosse bisogno) di un attore che prima di Gomorra purtroppo non conoscevamo.
E niente, quindi nemmeno il finale di stagione ha deluso le nostre grandi aspettative.
Sapevamo che qualcuno sarebbe morto, ci aspettavamo che qualcuno sarebbe stato tradito. Ma ancora una volta questa serie è riuscita a stupirci: anche stavolta non ci sono vincitori e vinti, non esistono sconfitti e trionfanti. In Gomorra nessuno è mai vivo, in Gomorra nessuno muore mai davvero perché il marcio, i tradimenti, tutta l’oscurità e il male che regnano non rendono questi personaggi essere umani (un po’ alla Barney, per intenderci). [SPOILER ALERT] Sì, Ciro ha ucciso Pietro: ma è davvero il vincitore? Può dirsi davvero realizzato, adesso?
E GennyBello, ora genitore di Pietro Savastano Junior, si è tirato fuori dai giochi tradendo suo padre? Potrà ricominciare una nuova vita ora?
E le donne?
Anche le donne hanno avuto un ruolo fondamentale in questa seconda stagione.
Certo, nessuna di loro sarà mai la tanto compianta donna Imma. Nessuna la eguaglierà mai, ma don Pietro con la soldatessa/compagna/faccendiera Patrizia pareva aver trovato una degna sostituta (certo, mi sa che l’amore ha portato un po’ di sfiga al Savastano senior). Patrizia, nipote di Malammore, si brucia da sola un tatuaggio, rischia la vita per seminare la banda di Ciro e s’innamora dell’anziano don Pietro (oh, a parer mio questo è davvero l’atto più eroico di tutta la stagione, ma vabbè).
C’è poi Chanel (o Scianel), spietata nella sua tuta di ciniglia, che con il suo karaoke dildo ha vinto l’internet, fumatrice incallita, suocera terribile: unica femmina ad avere una piazza di spaccio e purtroppo unica ad essere arrestata (però forse le è andata meglio di tanti altri).
Tutte donne con le palle che in quanto a meschinità, sagacia e freddezza non hanno nulla da invidiare agli uomini.
Ma anche loro sono vittime di un gioco che spesso non riescono a reggere.
Marinella ad esempio, nuora di Scianel, vive una vita claustofobica, parla poco ma si ribella e denuncia tutto. Avrebbe voluto (e dovuto) fare lo stesso la moglie di Ciro, Deborah, ma è stata fermata dallo “stai calma” del maritino premuroso mentre la strangolava.
Però quest’anno c’è stata una special guest d’eccezione, praticamente quasi assente nella scorsa stagione: la Polizia. Un vero e proprio miracolo, in queste puntate le forze dell’ordine (j guardj) hanno fatto almeno un paio di volte il proprio lavoro.
C’è speranza, uagliò.
Come si può riassumere la seconda stagione di Gomorra? E’ praticamente impossibile: ci sarebbe troppo da analizzare, troppi sotterfugi da raccontare, troppi morti da contare: bisogna solo guardare per credere.
P.S: non ho nominato volutamente Salvatore Conte perché la ferita che ha lasciato in me non si risanerà mai. La sua evoluzione e la scoperta del suo lato omosessuale è stato il racconto migliore di tutta la stagione, quindi no, non sarei mai stata capace di scriverne.