Al liceo era tutto uno sbadiglio, la lezione di greco. Una lingua morta, una civiltà seppellita, un continuo: «ma a cosa diamine mi serve studiare il greco, che non ci posso nemmeno ordinare un mojito a Mykonos?»
Al massimo il greco lo usavamo per fare gli intellettuali di sinistra e vantarci della nostra “radicalchiccheria” con chi frequentava la ragioneria.
Oppure, al limite, ci servivamo degli aforismi greci per riempire la Smemoranda di frasi sulla democrazia.
Però ci sono serviti gli aforismi questa settimana, li abbiamo rispolverati e tirati fuori quando Tsipras ha indetto il referendum. Ma no, siamo troppo vecchi e non scriviamo più sul diario, quindi abbiamo intasato Facebook e Twitter di belle frasi di Platone:
La democrazia è una forma piacevolissima di governo, piena di varietà e di disordine, e dispensa una sorta d’eguaglianza agli eguali come agli ineguali.
Democrazia?
Ma voi ricordate davvero cos’era, la democrazia?
E il voto, la capacità di scegliere e di decidere la nostra sorte, di esprimere una preferenza, di eleggere i nostri rappresentanti, vi ricordate cos’è?
Ci ricordiamo cosa vuol dire essere di sinistra?
No?
Poco male: grazie a Tsipras il rivoluzionario c’è tornata la memoria. Grazie a Tsipras il ribelle siamo ringiovaniti, siamo tornati al liceo, ci siamo riscoperti di sinistra.
Ma non abbiamo parlato mica solo noi, eh, giammai: si sa, oggi tutti hanno un’opinione, adesso tutti sono in possesso di un megafono e possono urlare i loro pensieri ai quattro venti (Umberto Eco docet). Tutti si sono improvvisati esperti di economia e di geopolitica, anche i Leghisti e soprattutto i 5Stelle con cui, orrore degli orrori, eravamo in accordo al grido di ‘Oxi, oxi, oxi’. Suvvia, anche il leader maximo D’alema, che è tutto fuorché antieuropeista o populista, ha espresso opinioni forti sul referendum. Chi l’avrebbe mai detto? Ci siamo ridotti ad avere le stesse convinzioni dei leghisti, dei pantastellati e -cosa ancor più sbalorditiva- siamo d’accordo perfino con Massimo D’Alema.
Che settimana meravigliosa, abbiamo passato.
Ci siamo trasformati in economisti e politologi, abbiamo tifato come nemmeno ai rigori nel mondiale del ’94 ma, sorpresa delle sorprese, Baggio stavolta non ha sbagliato il tiro: il nostro eroe Tsipras ha portato la nazione alla vittoria. E sì, ok, non è la nostra nazione, non è il nostro premier, non è proprio la nostra vittoria, ma noi siamo abituati a gioire per gli obiettivi raggiunti dagli altri, siamo avvezzi a splendere di luce riflessa. Siamo di sinistra, no? Per noi la colpa è sempre degli altri, analizziamo la sconfitta e siamo siamo i primi a salire sul carro del vincitore.
Ma se ci fossimo ribellati anche noi alla Troika?
I greci sanno a cosa vanno incontro e probabilmente è un suicidio per la loro economia. O meglio no, non lo sanno, perché tutto ciò che accadrà da oggi in poi non lo sa nessuno: possiamo limitarci solo ad ipotizzare, abbiamo molte incognite e nessuna certezza. Sappiamo solo che non sarà un periodo roseo per nessuno.
Ma se avessero chiesto anche a noi di rischiare? Di scegliere se continuare ad accettare i sacrifici imposti dalla Merkel oppure “rifiutare ed andare avanti”, quasi certamente andando incontro ad altrettante sofferenze?
Forse avremmo risposto no.
Probabilmente non avremmo scelto l’incertezza, abituati come siamo a non fare salti nel buio, a rimanere ancorati alle abitudini, bastonati e dipendenti da qualcuno che “ne sa più di noi”.
Hanno avuto coraggio, i greci.
Noi, gli stessi finti elettori che non hanno scelto nemmeno il presidente del Consiglio, ieri ci siamo fatti insegnare che cos’è la democrazia, che cos’è la libertà di voto. Abbiamo sì esultato per la vittoria dell’Oxi, ma è una vittoria -ancora una volta- non italiana. Prendiamone atto.
Però, per favore, non svegliateci dal sogno adolescenziale di un leader ribelle, fingiamo che sia stato anche un po’ merito nostro e tiriamo fuori gli zaini Eastpak con su scritti gli aforismi del Che: perché grazie a Tsipras la speranza di una sinistra possibile è tornata, baby.
Se hanno fatto la scelta giusta non lo so. Sicuramente è una scelta di rottura rispetto a ciò cui siamo abituati. Da non addetto ai lavori e da non esperto, tuttavia, son quasi certo che abbiano votato sotto la spinta emotiva, senza consapevolezza.
Se si sono ridotti così non credo sia stata tutta colpa della Merkel: qualcuno che ha mangiato e non ha pagato le tasse ci sarà stato anche da loro, no? Questo mi fa essere scettico sulla loro capacità di risollevarsi da soli.
Se ce la fanno hanno avuto ragione. Non credo che resteranno nell’euro: ora non avrebbe nemmeno senso.
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Certo, sicuramente una scelta di rottura e proprio per questo rivoluzionaria. Nessuno di noi sa come andrà a finire e probabilmente sarà difficilissimo risollevarsi da soli: in ogni caso c’hanno provato. E io gli farei un plauso solo per il coraggio.
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Un altro risvolto positivo del segnale di rottura va diretto all’Europa, costringendola a ripensare – fuori dagli schemi fin qui adottati – il proprio futuro, se vuole sopravvivere e avere un senso. Potremmo dire: non tutto il male vien per nuocere. Sempre che lo capiscano.
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Al di là di destra e sinistra (perché, come si è visto, il fronte del “no” sia in Grecia che all’estero era davvero variegato) penso che questo referendum abbia dimostrato come gli Stati nazionali sia ancora oggi l’unico vero luogo possibile per un’espressione democratica. L’UE e i suoi processi decisionali sono evidentemente avvertiti come distanti ed elitari.
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La UE è una colonizzazione americana. Va ripudiata senza appello.
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